Licenze “can’t be evil”, parliamone!

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Il contesto

Il fenomeno degli NFT (non fungible token) ha amplificato alcune problematiche collegate al copyright che si erano già a suo tempo presentate nel web 2.0.

In particolare, anche a causa di una conoscenza  approssimativa degli NFT, raramente gli acquirenti hanno una esatta comprensione di cosa stiano acquisendo nel momento in cui fanno proprio un non fungible token.

I distributori di tali entità digitali, inoltre, non brillano certo per chiarezza e trasparenza ed, anzi il più delle volte, lasciano intendere che l’acquirente con l’acquisizione del token infungibili acquisti anche la proprietà dell’opera d’arte digitale.

In realtà gli acquirenti degli NFT non acquisiscono mai la proprietà intellettuale dell’opera d’arte, essendo loro concessi, invece, una serie di diritti d’uso dell’opera, o meglio, delle autorizzazioni operanti a diversi livelli.

Ne consegue che il creatore dell’opera (o chi, per esso, detenga il copyright sull’opera digitale) mantiene il potere di modificare o revocare in ogni momento la licenza.

E’ in tale contesto, certo non rassicurante,  che la società A16z Crypto ha recentemente proposto un sistema standardizzato di licenze tarato sugli NFT, ispirandosi al lavoro già efficacemente svolto in passato con le licenze Creative Commons.

Questo nuovo pacchetto di licenze è stato denominato ” Can’t be Evil NFT Licenses “, dal motto di Google “Don’t be Evil”.

Cosa sono le licenze Cant’ Be Evil

Don’t  be evil è stato per molto tempo il motto inserito nel codice di condotta di google; coniato da un ingegnere della nota big tech, sta a significare “non essere malevolo nell’utilizzo dei dati”.

Can’t be evil, che da questo motto, trae ispirazione significa “non puoi essere il diavolo”, che parafrasato sarebbe “non puoi fare il furbo”.

Sfruttando la tecnologia blockchain, queste licenze, nelle intenzioni dei loro creatori, dovrebbe precludere la possibilità di cambiare più o meno fraudolentemente le regole del gioco.

La sicurezza che la transazione venga eseguita, non posa più sulla fiducia nella controparte, ma è garantita da uno smart contract che viene caricato sulla blockchain, senza necessità di un intermediario, che ne garantisca il buon esito.

Sennonché, appurato che gli smart contract ci garantiscono dell’esecuzione delle obbligazioni fondamentali dedotte nel contratto, poco o nulla finora ci hanno detto in ordine ai diritti che derivano dal trasferimento di un NFT.

La descrizione di questi diritti, finora, è stata demandata a condizioni di contratto, normalmente licenze, quasi sempre custodite off chain, e quindi, modificabili.

Tanto è vero che i possessori degli NFT della collezione Moonbirds, nell’agosto di quest’anno si sono visti totalmente liberalizzare la propria licenza, “traslocata” nella categoria delle Creative Common CC0, per volontà del fondatore del progetto.

E l’aspetto più grave è che tale opzione è perfettamente legittima per la legge sul copyright statunitense, secondo cui il creatore dell’opera intellettuale può sempre modificare la licenza.  Inutile aggiungere come nel caso dei collectible Moonbirds il fondatore del progetto avesse sempre mantenuto tale proprietà.

Il nuovo standard si ripromette di risolvere questo problema, in quanto l’intero pacchetto delle sei nuove licenze CBE (Can’t be Evil) è caricato sulla blockchain, ragion per cui dovrebbe essere garantita l’immodificabilità.

Che cosa contengono le licenze Can’t be Evil?

Miles Jennings e Chris Dixon di A16z hanno dichiarato :

Le licenze “Can’t Be Evil” delineano esplicitamente i diritti dell’acquirente in merito all’opera d’arte per i loro NFT, incluso se questi diritti sono esclusivi e se includono diritti commerciali…

I diritti che vengono regolamentati sono i seguenti:

  1.  il diritto di copiare, visualizzare e distribuire;
  2. la revoca della licenza in caso di incitamento all’odio intesto in un’accezione ampia che contempla qualsiasi forma di espressione molesta o volgare;
  3. un uso commerciale dell’opera digitale collegata all’NFT;
  4. il diritto di modificare e adattare l’opera di cui sopra;
  5. il diritto di concedere una sublicenza.

I sei modelli standard

Le sei licenze sono le seguenti:

  1. CBE-CC0 (la trovi qui )

Tutti i diritti d’autore sull’opera d’arte associati all’NFT sono soggetti ai termini di CC0 1.0. Questa forma di licenza offre i massimi diritti di utilizzo per i titolari di un NFT.

  1. CBE-ECR (la trovi  qui )

La licenza Exclusive Commercial Rights with No Creator Retention garantisce al titolare diritti commerciali completi ed esclusivi, senza clausola risolutiva espressa per incitamento all’odio.

  1. CBE-NECR (la trovi qui )

La licenza per i diritti commerciali non esclusivi garantisce al titolare diritti commerciali completi e non esclusivi, senza clausola risolutiva espressa per incitamento all’odio.

  1. CBE-NECR-HS (la trovi qui )

Diritti commerciali non esclusivi con licenza di conservazione del creatore e clausola risolutiva per incitamento all’odio. Il creatore concede al licenziatario diritti commerciali completi e non esclusivi.

  1. CBE-PR (la trovi qui )

La Licenza personale concede al licenziatario il diritto di godere dell’opera digitale solo per uso personale e senza clausola di risoluzione espressa per incitamento all’odio.

  1. CBE-PR-HS (la trovi qui )

Come la precedente con l’aggiunta della clausola di risoluzione per incitamento all’odio.

Conclusioni

Al momento è difficile prevedere se questo standard potrà affermarsi com’è accaduto per le licenze Creative Commons. A noi pare che questo standard, sebbene costituisca un primo e benemerito tentativo di stabilizzare l’ecosistema degli NFT almeno sotto il profilo contrattuale, presenti qualche criticità piuttosto significativa.

Su tutte la clausola risolutiva espressa per incitamento all’odio, pur comprensibile e condivisibile nelle sue finalità, di fatto lascia al creatore dell’opera il potere di revocare la licenza in ogni momento, utilizzando un argomento, l’incitamento all’odio, che presuppone una valutazione soggettiva e per questo onologicamente opinabile.

E’ plausibile che il modello CBE possa essere implementato e migliorato, tanto più che ciò è possibile, essendo stato messo a disposizione in pubblico dominio con licenza CC0, che consente, per l’appunto di poterne emendare o modificare il testo.

Peraltro non è escluso che  progetti alternativi a CBE possano trovare maggior riscontro nella community dei creatori.

Di fatto, per quel che riguarda la disciplina contrattuale degli NFT, si è aperta una sorta di selezione naturale dalla quale potrà dipendere il futuro degli stessi NFT.



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