La cassazione su privacy e consenso

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La recente sentenza della Cass. civ. n. 17278/2018 fornisce un’interpretazione piuttosto interessante in ordine alla libertà del consenso al trattamento dei dati personali. Secondo la Suprema Corte, infatti, l’art. 23 del Codice della Privacy non escluderebbe aprioristicamente la validità del consenso qualora questo sia condizionato all’erogazione di un servizio se questo sia fungibile e non irrinunciabile. Poiché la Suprema Corte richiama anche il Regolamento Europeo sulla protezione dei dati, occorre chiedersi se tale pronuncia sia allineata con il “considerando 43” a mente del quale il consenso si presume non validamente espresso se l’esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, sia subordinata al consenso sebbene esso non sia necessario per tale esecuzione. A sommesso giudizio di chi scrive considerare tale presunzione non assoluta, ma superabile ove si dimostri che il servizio sia fungibile o non irrinunciabile potrebbe ingenerare una certa incertezza giuridica, se solo si pensi che tale tesi potrebbe essere fatta propria anche dalle diverse piattaforme social per subordinare i loro servizi alla prestazione di consensi rispetto a trattamenti più o meno invasivi.



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