26 Ott Gli Uffizi contro Gaultier a difesa della nascita di Venere
Tempo di lettura stimato: 4 minutiIl fatto
L’approdo giudiziale si è reso necessario dopo che, nell’aprile scorso, una diffida da parte del museo era stata ignorata dalla nota casa di moda.
Il museo degli Uffizi non è nuovo a questo genere di azioni. Infatti, già nel 2021, aveva diffidato la piattaforma Pornhub per aver pubblicato senza permesso dipinti, come la Venere di Urbino di Tiziano.
In tale circostanza la piattaforma aveva rimosso spontaneamente le immagini.
Gli articoli 107 e 108 del Codice dei beni culturali
Il problema giuridico che sottende questo caso risiede nel fatto che tutte queste opere sono cadute in pubblico dominio. Infatti si tratta di beni creati ancor prima che il diritto d’autore fosse concepito.
Nella maggior parte dei Paesi del mondo, con eccezione, e non è un caso, della sola Italia e dell’Egitto, una volta che un’opera entra in pubblico dominio, la sua riproduzione non è più oggetto di diritti patrimoniali di chicchessia. Tutti quindi possono creare o divulgarne delle copie.
In Italia il Codice dei beni culturali, agli articoli 107 e 108, prevede, invece, che le opere cadute in pubblico dominio, se classificati come beni culturali, possano essere riprodotte solo con l’autorizzazione dell’Ente che le ha in custodia, il quale, determina a sua discrezione un canone o una fee per concedere il diritto di riproduzione.
Il che ha senso quando la copia si ottiene svolgendo qualche attività sull’opera originale, per esempio un calco. Diviene, invece, totalmente un “nonsense” se, per esempio, l’autorizzazione viene richiesta, come nel caso di specie, per l’utilizzo di una foto della “Nascita di Venere” del Botticelli.
La legge “Art Bonus”
Per completezza occorre rilevare come la Legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge 106 del 29/07/2014 e s.m.i.) abbia modificato il comma 3-bis dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali apparentemente aprendo alla libera circolazione delle opere cadute in pubblico dominio.
La norma, invero, ammette la libera riproduzione e divulgazione di tali opere alle seguenti condizioni:
- se svolta senza scopo di lucro
- per finalità di studio, ricerca
- libera manifestazione del pensiero o espressione creativa
- promozione della conoscenza del patrimonio culturale
e se effettuata in modo da non danneggiare il bene e da non ostacolare la fruizione dei beni da parte degli altri visitatori di musei, di archivi e di biblioteche. Per farla breve è stata introdotta una sorta di “fair use”, sennonché questo uso legittimo riguarderebbe non le opere soggette a diritto d’autore, ma per l’appunto quelle cadute in pubblico dominio.
Peraltro, come osservato da alcuni autori, Aliprandi e Piana, la Direttiva 790/2019, recepita nel nostro ordinamento, al “Considerando 59” prevede espressamente che le riproduzioni di opere delle arti visive di dominio pubblico non dovrebbero essere protette dal diritto d’autore o da diritti connessi.
In tale ottica in base alla normativa europea la riproduzione di un’opera d’arte caduta in pubblico dominio ben potrebbe essere utilizzata anche per fini commerciali e senza l’autorizzazione dell’Ente che la detiene.
Tant’è che le pretese avanzate dai Musei Italiani sono stati a ragione classificati come diritti di pseudo-copyright.
Il precedente del David di Michelangelo
In un recente passato il Ministero dei beni culturali è intervenuto per far rimuovere un’immagine del David di Michelangelo ritratto vestito in abito elegante. il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 26 ottobre 2017, da un lato non ha accolto un’istanza di rimessione di questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia relativa all’interpretazione degli artt. 106, 107 e 108 del C.B.C. dall’altra ha sostenuto la tesi dell’esistenza di un diritto all’immagine dell’opera d’arte, diritto coniato evidentemente contro lo svilimento dell’opera.
Secondo il Tribunale, “ emerge dunque l’esistenza giuridica di un quid pluris, del tutto diverso dal mero sfruttamento economico della riproduzione del bene culturale. Già sulla base del solo art. 108 co. 3-bis C.B.C., esso è individuabile nella destinazione funzionale dei beni culturali ad essere fruiti in modo culturalmente qualificato e gratuito da parte dell’intera collettività, secondo modalità che portino allo sviluppo della cultura ed alla promozione della conoscenza, da parte del pubblico, del patrimonio storico e artistico della Nazione. La ratio delle disposizioni esaminate, pertanto, saldamente delinea la tutela di un aspetto di carattere anche non patrimoniale attinente alla riproduzione del bene culturale. Tali aspetti essenziali altro non possono configurare che il diritto all’immagine del bene culturale”.
Conclusioni
In prima battuta si deve evidenziare come la tutela eventualmente accordata agli Uffizi potrebbe riguardare solo i prodotti venduti da Gaultier in Italia. Appare difficile che un Tribunale Italiano possa sanzionare un operatore straniero per fatti commessi in uno Stato in cui vige una legislazione diversa. In tale ottica ancor più rilevante appare la criticità relativa a tutte quelle riproduzioni diffuse online, al livello globale e, quindi, anche in Paesi in cui la normativa è molto meno stringente che in Italia.
Diverso discorso, invece, va fatto in ordine al diritto di proteggere le opere da eventuali svilimenti. In tale ipotesi, infatti, la tutela offerta dall’ordinamento appare giustificata.
Assumendo, pertanto, che la collezione della casa di moda francese Gaultier non svilisca l’opera di Botticelli, non è a questo punto fuori luogo immaginare che la questione possa finire davanti alla Corte di Giustizia Europea, giacché la direttiva sul copyright 790/2019 non sembra consentire le restrizioni previste, invece, dal Codice dei Beni Culturali agli artt. 107 e 108.
Nel frattempo noi, che non siamo Gaultier, con un certo dispiacere, non assoceremo a questo articolo una riproduzione della “Nascita di Venere” di Botticelli.