Le conseguenze del cyberbullismo

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La notizia

E’ di questi giorni l’ennesima notizia di un episodio di bullismo sul filo della rete, il fatto è avvenuto in una scuola di Lodi. Le conseguenze del cyberbullismo potevano essere irreparabili, se la ragazza non fosse stata aiutata dalle amiche coetanee a denunciare il fatto.

Cos’è il cyberbullismo?
Il cyberbullismo è una variante del bullismo, la variante tecnologica, moderna. Se l’occasione fa l’uomo ladro, si può affermare senza tema di smentita che le nuove tecnologie, oramai facilmente accessibili dalla stragrande maggioranza dei minori, possono agevolare considerevolmente la commissione di reati.
Sotto il profilo giuridico “è qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.” (definizione tratta dall’art. 1 legge 71/2017)
Bisogna avere il coraggio di essere chiari, il reato di cyberbullismo è un delitto gravissimo sotto molteplici aspetti.
E’ gravissimo perchè la vittima è normalmente un minore, cioè un soggetto più facilmente vulnerabile.
E’ allo stesso tempo gravissimo perchè anche il carnefice normalmente è un minore. Quest’ultimo, infatti, finisce più o meno consapevolmente per scoprire prematuramente il male le cui conseguenze possono essere incalcolabili.
Come ci si difende dal cyberbullismo?
Il cyberbullismo non si combatte e non si vince con la repressione pura. La vera battaglia contro questo crimine si tiene sul fronte della prevenzione.
Quest’ultima passa attraverso l’educazione all’affettività, alla compassione, all’amicizia ed al corretto uso delle tecnologie. Facebook non si insegna a scuola, sarebbe bene farlo, cioè sarebbe bene insegnare ai nostri ragazzi che ciò che è virtuale è reale.
Sarebbe bene che i nostri ragazzi avessero consapevolezza della potenza delle nuove tecnologie per utilizzare le quali non serve una patente, benchè navigare sul web possa essere tanto pericoloso quanto guidare un’autovettura.
Tanto premesso, cosa fare nel caso che un minore sia fatto oggetto di cyberbullismo attraverso un social?
Ciascun minore ultraquattordicenne (o i suoi genitori o chi esercita la responsabilità del minore) che sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento dei dati o al gestore del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete.
Se entro 24 il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore.
Il Garante ha pubblicato nel proprio sito il modello per la segnalazione/reclamo in materia di cyberbullismo da inviare a: cyberbullismo@gpdp.it.
La normativa italiana sul cyberbullismo

Anche l’Italia dal 2017 ha una legislazione che si occupa del fenomeno di cui stiamo parlando. Si tratta della legge 29 maggio 2017, n. 71. E’ una legge che affronta il problema in maniera pragmatica e moderna, occupandosi non solo della vittima, ma anche dell’autore del reato; sensibilizzazione al corretto uso delle nuove tecnologie e coinvolgimento della scuola a tutti i livelli sono le linee guida. L’obbiettivo che si prefigge la legge non è infliggere una pena, ma debellare il fenomeno alla radice e recuperare alla società anche l’autore del reato.

Le conseguenze penali del cyberbullismo
Il reato di cyberbullismo, come si può ben capire rileggendo la definizione trascritta all’inizio di questo articolo, può concretizzarsi in condotte diverse. A volte si tratta di una diffamazione online, a volte di una minaccia, altre volte si tratta di un’estorsione, fino ad arrivare nei casi più gravi all’istigazione al suicidio.
La caratteristica comune di tutte queste fattispecie è che la condotta deve avvenire attraverso uno strumento telematico e deve essere reiterata. In tal senso, pertanto, anche le pene che possono essere inflitte sono le più varie.
La procedura di ammonimento
Le conseguenze del cyberbullismo non sono solo penali.
Nella nuova legge assume un ruolo centrale la cosiddetta “procedura di ammonimento”, del tutto simile a quella prevista nella legge anti-stalking: il “bullo” over 14 viene convocato dal Questore insieme a mamma o papà e gli effetti dell'”ammonimento” cesseranno solo una volta maggiorenne
Il cyberbullismo non è un semplice reato, è una tragedia individuale e sociale
Non credo di esagerare se oso definire il cyberbullismo un crimine contro l’umanità.
Le conseguenze del cyberbullismo sotto il profilo psicologico possono infatti essere devastanti.
Si tratta, infatti, di un delitto che va dritto all’anima, all’umanità della vittima, inducendola a provare un senso di vergogna.
Ed è proprio nel capovolgimento del mondo che si consuma il dramma, la vittima, che da innocente, passa per colei che si deve vergognare, il carnefice, invece, che si compiace del suo crimine, non provando alcuna vergogna.
Ma le vittime di questo terribile delitto devono sapere che solo chi è capace di praticare la vergogna senza cedervi è capace di maneggiare il “il rispetto”.
Vergogna è una parola che deriva dal latino verecundia, la radice è la medesima del verbo “vereor”, che significa rispettare.
Anche nella lingua greca antica, le nozioni di vergogna e onore sono inscindibili, nella parola “aidós” – pudore, rispetto – e nel verbo “aidéomai”.
Per i Greci, non può darsi aidós, onore proprio, senza timé, senza onore degli altri.
Mi ha colpito una delle teorie sull’onore riportate nel vocabolario “Treccani”. L’onore è un valore che si detiene o si perde tutto in una volta. Non si perde una parte dell’onore, così come non si acquista per frazioni.
Non deve, pertanto, sorprendere che, talvolta, il bullismo ed il cyberbullismo inducono la vittima ai gesti più estremi; è il senso della perdita del tutto, dell’annientamento che porta a questo.
La vergogna, scrive Gianrico Carofiglio, “è determinata dalla percezione, o dalla paura, della violazione, dinanzi a se stessi e dinanzi agli altri, di una norma, di un principio etico, di un ordine del mondo. E dunque possiede anche una dimensione estetica, ha a che fare con la bellezza. E’ un’emozione adulta, implica un giudizio su se stessi”.
La vergogna come sentimento collettivo
Detto questo, la vergogna non è un’emozione solo individuale, costituisce anche un sentimento collettivo ed è per questa ragione che come società possiamo fare molto affinchè le vittime non si sentano sole.
Primo Levi ci racconta di una vergogna che nasce dalla “colpa commessa da altrui”: la vergogna dei deportati scaturisce proprio da quello che hanno fatto i carnefici. Una vergogna assoluta, che rimorde alla coscienza delle vittime per la colpa commessa dai carnefici: «gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa». Levi parla di una vergogna radicale, che svela la profonda umanità di questo sentimento.
Per paradosso, come scrive Pascal, l’unica cosa di cui vergognarsi è non provare vergogna, ragion per cui le vittime di questo tremendo reato che è il cyberbullismo non devono mai esitare a denunciare il fatto. E la parte “giusta” del mondo deve provare quello stesso intimo ed estetico pudore comune alla vittima perché quanto accaduto riguarda l’ordine delle cose.


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