Malattie sul lavoro: fibre d’amianto

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La notizia

Immaginate un palazzetto dello sport colmo di spettatori che assistono ad una partita di cartello di pallacanestro.

Ecco, quello è il numero di persone, tremila all’anno, che lasciano ancora la vita a causa dell’amianto, una fibra messa al bando oramai ventisei anni fa.

Il tribunale di Venezia in una recentissima sentenza ha riconosciuto il giusto risarcimento agli eredi di una donna morta di tumore perché lavava le tute del marito piene di amianto.

La donna, per anni aveva inalato fibre di amianto lavando gli indumenti da lavoro del marito, operaio presso un cantiere navale del capoluogo veneto.

Il verdetto

La consulenza tecnica disposta dal Tribunale ha accertato che il mesotelioma pleurico – raro tumore maligno della pleura, causato dalle sostanze nocive affini all’amianto – non potesse che derivare dall’attività della signora, risalente ad anni prima e proseguita negli anni, di lavaggio e cura degli indumenti del marito che lo stesso portava a casa.

Il Tribunale veneziano ha riconosciuto agli eredi  il risarcimento dei danni occorsi sia iure proprio (per la perdita del congiunto) che iure hereditatis (a titolo ereditario), danni tutti posti a carico della società che non aveva provveduto a bonificare il proprio cantiere, pur essendo già nota la pericolosità della sostanza.



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